domenica 26 aprile 2009

UN AEROPORTO ECONOMICAMENTE VALIDO?

L’effetto benefico dell’aeroporto per l’economia del Frusinate è dato per scontato, così come è data per scontata la soddisfazione di una domanda di trasporto aereo, sia passeggeri che merci, propria della Provincia. Non ci sono studi economici di fattibilità, ma piuttosto atti di fede.
Quante sono le merci che attualmente viaggiano con l’aereo e quante ne viaggerebbero in futuro, e su quali basi si fonda la previsione? Quante sono attualmente le partenze giornaliere in aereo di viaggiatori provenienti dalla Ciociaria o diretti in Ciociaria e quali sono le destinazioni/provenienze? Non sarebbe più utile e meno dispendioso migliorare i collegamenti ferroviari con Roma?

ALCUNE FAVOLE RACCONTATE DAI PROMOTORI DELL’AEROPORTO:

PRIMA FAVOLA: LA PROVINCIA DI FROSINONE HA BISOGNO DI INFRASTRUTTURE DI TRASPORTO PERCHE’ LA SUA DOTAZIONE E’ INSUFFICIENTE

L’indagine Unioncamere del 2006 sulle province italiane colloca Frosinone all’ottavo posto su 103 province per dotazione stradale, con un indice pari a 199,6 rispetto all’indice italiano (pari a 100), mentre per la dotazione aeroportuale (che tiene conto degli aeroporti limitrofi) si colloca al ventiseiesimo posto, davanti dunque a ben 77 province italiane che hanno una peggiore e meno economica accessibilità agli aeroporti.
Risultano invece nettamente al di sotto della media italiana la dotazione ferroviaria (60,6), la dotazione di impianti e reti energetico-ambientali (63,0), le strutture per la telefonia e la telematica (51,8), le strutture per l’istruzione (81,1) e le strutture sanitarie (71,1).[1]
Ora, è noto[2] che l’impatto delle infrastrutture sulla produttività è positivo, ma non indifferenziato. Le tipologie di infrastrutture che hanno mostrato i più alti indici di correlazione positiva sono le infrastrutture connesse allo sviluppo del capitale umano e tecnologico da un lato e quelle idriche ed energetiche dall’altro. Nell‘ambito delle infrastrutture di trasporto, anch’esse positivamente correlate alla produttività, si evidenzia un miglior risultato delle reti ferroviarie rispetto a quelle stradali e aeroportuali.
In base agli studi succitati, sarebbe necessario, per aumentare il prodotto e la produttività della Provincia di Frosinone investire nella rete ferroviaria, nelle reti idriche ed energetiche e nell’istruzione, anziché nell’aeroporto.

SECONDA FAVOLA: FACCIAMO L’AEROPORTO, MA SARA’ PICCOLO

“[…] L’aeroporto è condizionato dalla particolare struttura dei costi dell’industria aeropo-rtuale, condizionata da notevoli costi fissi, difficilmente recuperabili […] In altri termini non si può prescindere dalla considerazione della presenza di forti economie di scala […] La dimensione minima efficiente di uno scalo è individuabile nell’intervallo che va da un milione e mezzo a tre milioni di passeggeri l’anno”.[3]
Questo significa che una volta effettuato l’investimento è necessario che l’aeroporto aumenti quanto più possibile il traffico se vuole raggiungere condizioni di redditività, è cioè costretto a crescere.

TERZA FAVOLA: L’AEROPORTO CREA 20 MILA POSTI DI LAVORO E SVILUPPO

“[…] si calcola che per un incremento di 1 milione di passeggeri serviti si sviluppino, tra occupazione diretta ed indiretta, circa 950 nuovi posti di lavoro […]”.[4]
Allora, supponendo che a Frosinone si realizzi un aeroporto da 3 milioni di passeggeri, si creerebbero teoricamente 2850 posti di lavoro. Ma bisogna considerare 1) che circa 1000 posti, tra occupazione diretta ed indiretta si perderebbero sia per lo spostamento necessario dell’aeroporto militare Moscardini che per la cessazione delle attività economiche, prevalentemente agricole, esercitate sui terreni da espropriare 2) che il traffico aereo di Frosinone sarebbe presumibilmente quello spostato da Ciampino, per cui si sposterebbero da Ciampino anche molti lavoratori già attualmente occupati. Ne deriverebbe perciò un incremento reale dell’occupazione decisamente modesto, che potrebbe essere piuttosto agevolmente ottenuto con l’investimento in attività meno impattanti e meno dispendiose.
Ad operazioni promosse in nome dello “sviluppo”, termine di grande appeal mediatico, non sempre corrisponde una crescita qualitativa. In un tessuto già drammaticamente colpito dalla crisi economica, ad operazioni sbagliate può corrispondere un arretramento economico e sociale. Sbilanciarsi incondizionatamente nel dare per vincente una operazione come quella di Frosinone-Ferentino è il grave segno di un impoverimento, da parte delle amministrazioni, di strumenti di analisi e cultura: un segnale che impone ai cittadini una vigilanza attenta e ferma.
L’immaginario elementare di crescita illimitata in una società giunta al limite delle risorse, e con un eccesso di offerta di beni e servizi, è ormai superato dagli eventi. Tanto più se in questo immaginario si accostano termini come sviluppo ed occupazione, quando oggi il lavoro è divenuto una delle variabili più precarie dei processi di produzione.Un progetto industriale equilibrato e socialmente responsabile dovrebbe tener conto della giusta proporzione fra i tre fattori essenziali della produzione: territorio, occupazione e capitale.
L’operazione è comunque un progetto basato sul massiccio impiego di territorio, una risorsa non rinnovabile, a fronte di dosi marginali di lavoro.
In un contesto similare, è emblematico al riguardo il caso dell’aeroporto di Ciampino, dove la spinta verso il profitto e l’economicità dell’offerta ha determinato un progressivo contenimento dei costi di manodopera a fronte di una continua crescita dell’attività aeroportuale.
Le infrastrutture aeroportuali, in prossimità di aree abitate, rappresentano una tipologia di sviluppo che genera benefici economici per pochi, a fronte di forti ricadute in termini di costi monetari, ambientali e sociali per la collettività.

QUARTA FAVOLA: L'OPERAZIONE VEICOLA DENARO PRIVATO SU UNA INIZIATIVA INFRASTRUTTURALE DI PUBBLICA UTILITA'
La società Aeroporto di Frosinone ha registrato per ora solo perdite. Le perdite sono state sinora ripianate dai finanziamenti regionali e dagli azionisti di riferimento che oggi hanno prevalentemente natura pubblica diretta o indiretta. Il 62,60% delle azioni è nelle mani della Provincia di Frosinone, il 5,94% al Comune di Frosinone, il 6,15% al Consorzio ASI, il 24,99% alla Camera di Commercio, lo 0,30% al Comune di Ferentino. Paradossale che il Comune di Ferentino, chiamato a svolgere un ruolo primario nell’operazione, visto che l’aeroporto ricadrà in gran parte nel suo territorio, detenga solo lo 0,30% della società!
I fautori del progetto, escludendo aprioristicamente ipotesi di riconversione strutturale del territorio alternative a quella aeroportuale, che combinerebbero principi di economicità e responsabilità sociale di impresa, spingono per un non ben chiaro rilancio economico basato sull’aeroporto. Una strategia progettuale dove la garanzia è rappresentata dalla presenza del paracadute economico pubblico.
Benché si parli di una joint venture pubblica/privata la natura dell’operazione è prettamente pubblica e connotata pertanto da un forte carattere “politico”. In questa vicenda, i cosiddetti privati ancora non hanno fatto un’apparizione di maniera. Raramente infatti nei mercati internazionali un privato partecipa ad un’operazione cosi vaga nei contenuti e dall’esito così incerto, a meno che non riceva una esplicita garanzia pubblica a copertura di un eventuale insuccesso reddituale.
Siamo pertanto in presenza di un’operazione economica finanziata al momento solo con denaro pubblico.
In merito ai possibili scenari evolutivi di questa operazione, in alternativa a situazioni di tipo prettamente pubblico, è il caso di considerare anche lo scenario a gestione privata. In tal caso, in una verosimile “fase due” di questa vicenda, la struttura verrebbe data in concessione ai privati a conclusione di una “fase uno di rilancio”, in cui il punto di pareggio economico sarebbe raggiunto con denaro pubblico. Con buone probabilità si prefigurerebbe l’intervento di compagnie aeree low cost, le uniche che possono garantire una massa critica tale da rendere economicamente sostenibile la struttura di Frosinone. Fra le due ipotesi evolutive, indubbiamente quest’ultima sarebbe rivolta – come successo a Ciampino – alla massimizzazione del rendimento aeroportuale, con le peggiori conseguenze di impatto ambientale sia per il territorio che per la salute dei cittadini.
Purtroppo corre osservare che sul piano del riscontro empirico, quest’ultima soluzione è quella che ha trovato maggior applicazione per i cosiddetti aeroporti minori, che in termini di costi comparati offrono le condizioni più vantaggiose alle compagnie low cost. All’abbattimento di tali costi contribuiscono anche le garanzie economiche (con sussidi diretti o indiretti) offerte ai vettori dalle amministrazioni pubbliche locali.Concludendo si può affermare che l’operazione dell’aeroporto di Frosinone-Ferentino presenta non pochi vizi di sostanza e di forma.
I vizi di sostanza riguardano la consapevolezza della viscosità economica dell’operazione: una catena incessante di investimenti (in termini di mezzi finanziari di risorse ambientali ed umane) in un progetto che è destinato con ottime probabilità a replicare i fallimenti del passato. I vizi di forma sono legati al processo decisionale sottostante, fortemente discutibile, in quanto marginalizza il ruolo della comunità che, secondo i principi di una responsabilità sociale di impresa come quella di Aeroporto di Frosinone Spa, dovrebbero avere una dignità decisionale almeno al pari degli azionisti.È nostro dovere impegnarci per interrompere questa sperequazione di risorse. La realizzazione della struttura aeroportuale, anche minore, significherebbe rivitalizzare un processo industriale di cui si conoscono con certezza solo i rischi per la collettività.
L’area oggetto dello scalo aeroportuale è prevalentemente a destinazione agricola. Sicuramente quei terreni, oggi di basso valore di mercato, potrebbero con la conseguente variazione urbanistica a servizio della struttura divenire oggetto di speculazione economica, finanziaria ed edilizia.
Agli abitanti dell’area circostante, se la sventurata iniziativa avesse un seguito, non resterebbe che fare come gli abitanti di Las Castellanas di San Fernando de Henares, in Spagna, un paesino vicino al quale è stato costruito l’aeroporto di Barajas. Dato l’insopportabile rumore, la cittadinanza ha ottenuto (dopo lunghe proteste) il trasloco di massa in una zona più tranquilla. Chiaramente a spese dell’istituzione pubblica.

Sulla crisi del settore aeroportuale e dell’insostenibilità economica dell’aeroporto di Frosinone-Ferentino è illuminante un articolo del 26/11/2007 de La Stampa dall’eloquente titolo L’Italia degli aeroporti inutili. Eccone alcuni passaggi:

“Aeroporti di condominio, dietro l’angolo. Nell’Italia dei mille campanili tutti vorrebbero atterrare vicino a casa e per questo motivo sfornano progetti a ripetizione, fanno lobbing, chiedono soldi. Manca una vera programmazione nazionale, il numero degli scali rischia di crescere in maniera incontrollata.
Nel Lazio dopo mesi di tira e molla per scegliere un’alternativa a Ciampino, la disputa tra Frosinone e Viterbo sta per risolversi all’italiana: via libera a entrambi, a Viterbo il terzo scalo riservato ai low cost, a Frosinone il quarto - più piccolo - con i soldi della Regione […]. Nessun beneficio. Ufficialmente gli aeroporti civili italiani sono 101, e di questi ben 45 sono aperti al traffico commerciale.
Ma solamente 21 superano la soglia del milione di passeggeri l’anno, sotto la quale stando agli esperti si lavora in perdita. Appena 19 scali sono serviti dall’Alitalia, tutti gli altri vivacchiano grazie a compagnie minori e vettori low-cost, che magari assicurano anche volumi importanti di traffico ma in cambio pretendono tariffe scontatissime. Insomma, i piccoli aeroporti sono più un costo che un beneficio. Non solo, ma contribuiscono a disperdere finanziamenti, richiedono una mole considerevole di altre spese a carico delle casse pubbliche (dalla viabilità accessoria ai nuovi parcheggi, dai servizi anti-incendio ai controlli doganali) e spesso si cannibalizzano uno con l’altro. …. I casi più clamorosi degli ultimi anni sono quelli di Taranto (a fronte di una spesa di 100 milioni di euro nel 2006 ha visto transitare appena 16 passeggeri) e di Vicenza (dove l’anno passato s’è registrato un solo volo al giorno)…. Il grosso del traffico aereo nazionale, infatti, si concentra (giustamente) su pochi grandi poli… In vent’anni l’Italia ha investito ben 2,5 miliardi di euro in questo tipo di infrastrutture: 680 milioni su Fiumicino, 420 per Malpensa, mentre a tutti gli altri scali sono stati spalmati 550 milioni di euro di fondi dello Stato, 500 milioni di fondi Ue e 200 milioni messi a disposizione dalle Regioni….Lo Stato non effettua più investimenti in maniera diretta. In compenso Regioni, Comuni e Province non disdegnano di aprire i loro portafogli: per ragioni di prestigio, innanzitutto. E mentre i piccoli si moltiplicano i grandi soffrono...”


[1] Cfr. Indicatori di dotazione infrastrutturale nel 2004 relativi alle province del Lazio, a Frosinone ed al Centro (Italia=100), Istituto G. Tagliacarne – Indagine Unioncamere, p. 73., 2006.
[2] Solo per citare un recente studio piuttosto chiaro sul tema, cfr. Infrastrutture e competitività territoriale in Italia – Confindustria, Assemblea generale dei soci, Imperia, The European House - Ambrosetti spa, 2008.
[3] G. Mangia, Un’analisi organizzativa del business system aeroportuale. Il caso dell’aeroporto internazionale di Capodichino, Franco Angeli, 2006.
[4] Ibid.

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